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Cosa vuol dire far parte del Corpo Europeo di Solidarietà? Il racconto di Teresa

    Ho scelto di prender parte al Corpo Europeo di Solidarietà (ESC) per fare un’esperienza all’estero diversa da quelle fatte in precedenza, volevo mettermi in gioco e soprattutto mettermi al servizio della comunità ma non sapevo esattamente cosa aspettarmi.

    È stata un’esperienza unica che difficilmente dimenticherò. Nonostante i cambiamenti repentini dovuti all’epidemia, nonostante a volte mi sia sentita poco all’altezza della situazione o semplicemente stanca, gli aspetti positivi valgono molto di più.

    Far parte di ESC mi ha dato la possibilità di vivere veramente una cultura che pensavo di conoscere, di vivere in un ambiente multiculturale, di entrare a contatto con persone che vivono realtà ben diverse dalla mia. Ho potuto vivere ancora una volta la bellezza della diversità: parlare lingue diverse e avere percezioni diverse della società e del vivere insieme possono rappresentare un ostacolo ma una volta trovato il modo di superarlo e andare oltre, scoprire cosa c’è dietro quelle differenze non può che arricchirti.

    Una delle cose che più ho imparato da quest’esperienza è l’importanza del sapere adattarsi il più possibile a qualsiasi cambiamento. L’ho imparato proprio grazie alla crisi sanitaria e alle misure adottate nel centro dove lavoravo, quali la creazione del progetto di babysitting per i figli degli impiegati del centro. Senza questa nuova mansione non avrei potuto migliorare sotto certi aspetti e non avrei conosciuto tante persone che hanno reso i mesi di quarantena un po’ più piacevoli trasmettendomi un po’ di leggerezza. I bambini in primis, con la loro immensa spontaneità e irrefrenabile entusiasmo, e i miei colleghi sempre pronti a venirmi incontro, nonostante la situazione difficile e la percezione non sempre uguale della crisi sanitaria.

    Significativi per me sono stati anche i due seminari organizzati dall’Agenzia Nazionale francese. Durante il primo ho avuto l’opportunità di vivere una settimana con un gruppo di volontari provenienti da tutta la Francia, ho potuto riflettere con loro dei problemi che avremmo potuto riscontrare durante quest’esperienza, trovare soluzioni e condividere le nostre storie. Inoltre, i formatori ci hanno informato sugli strumenti a nostra disposizione per vivere al meglio il volontariato. Nel secondo seminario, invece, nonostante si sia tenuto online a causa del Covid-19 e abbia risentito parecchio l’impossibilità di condividere momenti di convivialità con gli altri partecipanti, i formatori ci hanno preparato alla fine dell’esperienza, a come procedere alla stesura dello Youthpass e al rientro a casa. Sapere di avere attorno a me tante persone che vivono un contesto simile al mio, non mi ha fatto mai sentire sola. I momenti di nostalgia non sono mancati ma mi sono accorta da subito di poter contare sugli altri volontari presenti in zona come su quelli con cui ho stretto di più durante il primo seminario. In più ho avuto la fortuna di avere un’organizzazione di invio e di accoglienza sempre presenti durante questa esperienza. Beyond Borders, che ringrazio di cuore, mi è sempre stata vicino, sin dal pre-partenza e soprattutto durante la crisi sanitaria, e l’associazione dove ho svolto il volontariato ha sempre cercato di aiutarmi, sia comprendendo il mio punto di vista che facendomi capire dove stavo sbagliando.

    Spero che chiunque ne abbia la possibilità possa avere la voglia e la curiosità di imbarcarsi in un’esperienza simile, un’occasione che ti permette di aprire gli occhi e il cuore a tante altre realtà diverse e altrettanto belle.